In un badabum di eventi

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Hikari93
view post Posted on 27/1/2013, 10:19




Una fanfiction talmente idiota che ho lasciato sopravvivere su EFP soltanto per una notte. Perché, francamente, è talmente scema che non ne vale la pena U////U
(difatti non volevo manco pubblicarla; almeno, mettendola qui, non reco danni a nessuno. :wub:



Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha.
Coppia: // Friendship.
Rating: Verde sfavillante.
Genere: Comico, Demenziale.
Introduzione: I fantasmi non esistono, aveva asserito prima di serrarsi in una villa abbandonata fuori città e di improvvisarsi studioso – preferiva sventatore, termine ideato perfettamente per sé, come una camicia su misura – di occultismo, con la sola compagnia di un macigno di pagine perfettamente bianche recuperato in biblioteca e di scartoffie varie sulle dicerie – ossia cretinate – raccontate da chi assicurava di averci sentito dei rumori, lì dentro.
O forse no?








#1. Conoscendoci







Il fantasma (chiamato anche spettro) è un’entità delle leggende e del folclore. Ci si riferisce a esso come a una presenza incorporea, spesso caratterizzata da alcuni elementi (avvolta in un sudario, oppure senza testa, contornata da una certa luminescenza o che produce un rumore di catene).





La tazzina sbatté sul tavolo in legno, emettendo un sibilo cristallino. Il caffè che conteneva ondeggiò, macchiandone la superficie interna e rovesciandosi nella modesta misura di qualche gocciolina su alcune scartoffie.
Tra le tante cose, Sasuke Uchiha poteva vantarsi di essere una persona razionale. Razionalissima. Leggeva con strafottenza e scetticismo le parole minuscole scritte di nero sul grande e noiose librone nel quale era finito per ficcarci il naso, sottolineandone pezzetti che, più di altri, insistevano nel dargli quella ragione che, sapeva, aveva e aveva sempre avuto.
I fantasmi non esistono, aveva detto, convinto, alla tenera età di cinque anni, smantellando le assurde favolette di un suo compagno di asilo che tentava di far piangere le bambine e i ragazzini più sensibili e suscettibili.
I fantasmi non esistono, aveva ripetuto qualche anno dopo, cercando di infrangere le assurde sicurezze di suo cugino Shisui che, forse per divertirsi nell’osservare il suo volto irritato o perché veramente ci credeva, tirava in ballo l’argomento ogni qualvolta le sue orecchie potessero captarlo e detestarlo di conseguenza.
I fantasmi non esistono, aveva asserito prima di serrarsi in una villa abbandonata fuori città e di improvvisarsi studioso – preferiva sventatore, termine ideato perfettamente per sé, come una camicia su misura – di occultismo, con la sola compagnia di un macigno di pagine perfettamente bianche recuperato in biblioteca e di scartoffie varie sulle dicerie – ossia cretinate – raccontate da chi assicurava di averci sentito dei rumori, lì dentro.
Quando aveva deciso senza indugi di barcamenarsi in quell’impresa, Itachi lo aveva fissato con disperazione; tutto della sua espressione di quel momento pareva urlargli di starsene fermo in casa perché non era necessario che dimostrasse alcunché. Ma Sasuke, se decideva di vincere, voleva farlo alla grande.
Ed eccolo lì.
La villa era una catapecchia, i mobili di legno e il pavimento tremolante se solo ci saltavi sopra – in pratica, gli fosse caduto il libro a terra, avrebbe dovuto anche avere a che fare con un buco di dimensioni enormi e con un tetto sfracellatoglisi in testa. Probabilmente chiunque avesse proclamato di aver udito suoni sinistri e strusciare di catene – fantasiosi, fantasiosi davvero – si era lasciato trasportare troppo da vecchie leggende, finendo per scambiare il rosicchiare dei topi coi passi di un essere innaturale.
Si rimbeccò gli occhiali calatigli sulla punta del naso e, senza distogliere lo sguardo poco attento dalle pagine, allungò la mano, tastando il tavolo alla ricerca del termos contenente il suo caffè. Agguantatolo, se ne versò altro, per soddisfare il suo personalissimo sfizio di vedere la tazzina sempre completamente piena.
Continuò a leggere, la matita roteava tra le dita in attesa di sottolineare ancora.



Del pari anche le circostanze delle apparizioni sono caratterizzati da elementi ricorrenti quali l’ora notturna, i luoghi lugubri e isolati, ecc.





Benissimo. Fuori splendeva il Sole, gli uccellini cinguettavano – fastidiosamente – e un ragnetto tesseva la sua ragnatela a qualche metro di distanza dal punto che collegava immaginariamente la testa di Sasuke al soffitto.
E il luogo – la villa – non era lugubre, ma soltanto malandata e ridotta peggio della vecchia casa dei suoi sconosciuti bisnonni. Ed era isolata poiché, probabilmente, tutte le altre catapecchie intorno erano fin tali sia di nome che di fatto, dunque non avevano resistito, crollando e sollevando una nube di polvere.
Quindi, secondo una certa logica – anche se che diavolo di logica poteva esserci in qualcosa di paranormale che secondo lui nemmeno esisteva? –, fantasmi non avrebbe dovuto vederne.
Girò la pagina, seccato tanto quanto deciso a non demordere. L’aria che provocò quel suo semplice gesto lo fece sorridere di sdegno misto a irritazione, ficcandogli in testa le immagini di volti spaventati che attribuivano quel venticello a chissà quale stranissimo fenomeno.
Idioti.
Poi, un badabum. Improvviso, un tonfo sordo di un corpo che si… sfracellava. Per l’urto – la pavimentazione rimaneva sempre piuttosto scadente –, il caffè straripò dalla tazzina.
Presenza incorporea, rilesse dal libro, perciò dedusse che quello fosse un suono partorito dalla sua mente e non se ne curò – e per il caffè… pace. Era stato accidentale.
«Accidenti, che male!»
Non aveva sentito nulla, lui, lo sapeva, sapeva che era così.
Continuò a scorrere le righe senza capirne il significato, mentre il cervello insisteva per ricollegarsi al rumore e alla voce udita – no, che aveva pensato di udire. Piuttosto che ammettere di aver sbagliato, Sasuke preferiva cominciare a darsi del pazzo visionario.
Sorseggiò caffè, forse la mente iniziava a giocargli dei tiri mancini e la suggestione per qualcosa di inesistente lo stava coinvolgendo. Ed era anche per questo che sentiva dei lamenti provenire dalla stanza di fianco.
Non si voltò, perché farlo significava cedere alla stessa curiosità che aveva fatto impazzire la gente che credeva paradossalmente in qualcosa di inesistente.
«Ahia, che male. Ma… ehi! Tu chi sei?»
Tranquillo. Nessuno gli aveva parlato. Bevve ancora dalla tazzina, accorgendosi soltanto dopo aver ingurgitato aria che non c’era più niente se non il fondo macchiato. La riposò, controllato. Girò un’altra pagina.
«Che leggi?»
Forse poteva cominciare a ricredersi, Sasuke, dato che gli spuntava una mano luminescente dallo stomaco. Ma forse.
«Bah, comunque piacere, sottospecie di mummia» scherzò quello, «io sono Naruto Uzumaki.»
Sasuke si impose la calma, ignorando che quello gli avesse dato a modo suo del musone. Si versò altro caffè, ne aveva bisogno per non commettere un omicidio di un già-morto.
«Tu… vai contro ogni logica. Stramazzi a terra anziché trascinarti terrificanti catene appresso, attraversi le pareti e le persone senza ammazzarle, esci fuori alla luce del giorno e scherzi con chi, secondo i manuali, dovresti torturare a morte per poter ritornare al sempiterno riposo. Come fantasma vali zero.»
Quindi, non sei un fantasma, concluse. Quindi, avevo e ho ragione.
«Se è per questo non indosso nemmeno lenzuolini» commentò quello, piuttosto serio. «Ma ora mi dici come ti chiami?»
Sasuke sospirò, rendendosi sempre più conto di star colloquiando con uno spirito – che essendo un fantasma di quarta categoria non rientrava nemmeno nella classe degli spettri, e perciò, si ripeté, secondo i suoi canoni non esisteva.
Bevve ancora caffè, ne stava diventando schifosamente dipendente. Si aggiustò ancora gli occhiali, trattenne l’impulso di distruggere il libro e di lanciarlo dalla finestra.
«Sasuke Uchiha» soffiò.








Le citazioni centrali sono prese da wikipedia. <3


Edited by Hikari93 - 27/1/2013, 14:53

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